domenica 1 maggio 2011

Ciao Cartagena



Sono trascorsi 25 giorni da quando sono arrivato a Cartagena e, oggi, è giunto il tempo del commiato e dei saluti. E’ stato un periodo interessante, vissuto in modo originale, incontrando gente, mescolandomi alle persone che qui vivono cercando di non apparire uno straniero, una persona diversa.
Amo Cartagena e mi piace viverci.
Ripensandoci ho vissuto questi giorni da privilegiato; un appartamentino che, anche se piccolo, è situato nella parte ricca e turistica della città, zona particolarmente sicura e tranquilla (se escludiamo il rumore e la musica sempre ad alto volume che formano il caratteristico sottofondo), una disponibilità economica per molti sconosciuta, la possibilità di vivere un momento di vacanza mentre molti sbarcano il lunario con un doppio lavoro e con l’arte di arrangiarsi espressa ai massimi livelli.
Dovessi ritornare, dovessi rifare l’esperienza sicuramente non la riviverei così. E’ stato giusto farlo, così e ora ma mi piacerebbe vivere ancora più integrato e meno visibile.

La città vive di turismo e commessi, negozianti, ristoratori, tassisti la fanno da padrone ma c’è anche chi il mestiere se lo inventa .
Qui ad esempio si “vendono minuti” in strada, ovvero se si ha la necessità di telefonare, ad ogni angolo di strada, è possibile trovare un "banchetto" dove possono offrirti la possibilità di chiamare utilizzando un cellulare con il piano telefonico più economico. Ma non basta, se avete terminato il credito, tramite terminali portatili, sono in grado di rifarvi la ricarica, così, per strada.
Diffusissimi i venditori di prodotti alimentari pronti che vanno dal caffè ( è sufficiente un bricco di caffè, bicchierini di carta e zucchero per tentare di guadagnarsi qualche spicciolo), all’immancabile arepa, alla frutta o ai succhi preparati al momento.
Molti coloro che vendono prodotti di artigianato o semplici monili. Una vecchina mi ha avvicinato e mi è venuto spontaneo svuotare le tasche di tutte le monetine in mio possesso e lei non ha avuto pace sino a quando non le ho permesso di allacciarmi un braccialetto al mio polso destro.
Mi capita di rincontrarla e mi saluta con un gran sorriso, le offro qualcosa e si ferma a parlare con me qualche minuto.
Mi mette all’erta sui pericoli e mi domanda se qui ho “la novia” (la fidanzata), alla mia risposta negativa si illumina soddisfatta e mi dice di stare attento perché molte ragazze sono a caccia di denaro e mi spiega che il braccialetto al polso non lo devo togliere proprio perché funziona da protezione contro queste sventure.
Accidenti! Ecco scoperto il perché delle inesistenti avventure che qui tutti dichiarano tanto facili, ma forse è meglio così. Non fa per me.
Il “machismo” da queste parti è una regola, le ragazze si atteggiano tutte ad aspiranti Shakire sexy mentre i ragazzi fanno “i duri”.
La società è estremamente maschilista, all’uomo viene permesso un po’ tutto e le famiglie, per questo atteggiamento collettivo, sono normalmente un caos; avere un figlio da un solo partner un caso raro e le “soltere” (ragazze madri) sono numerosissime . Gli uomini gestiscono situazioni veramente ridicole, si dice che la condizione più diffusa sia di avere una moglie, una amante e una “querida” (una amante preferita solitamente giovane) creando di fatto piccoli harem.
Riuscire a sopravvivere a tale situazione non è complicato ma veramente impossibile e i soldi non potrebbero essere sufficienti nemmeno se si trattasse di persone ricche, inutile dire cosa puo’ succedere in condizioni tutt'altro che benestanti.


Ed eccomi qui all’aeroporto pronto per partire per Bogotà e infilarmi in una avventura demenziale (come mio solito); all’aeroporto della capitale dovrebbe aspettarmi una persona che conosco solo tramite internet e non ho mai visto ma che mi ha detto mi ospiterà a casa sua per i pochi giorni di permanenza.
Chissà che mi aspetta . . . sono pronto . . . rimpiango già Cartagena e mi rivedo la città in questo video dove tra l’altro compare la mia amica Zuleima (quella con le fasce verdi) che suona i tamburi . . . che nostalgia … ma è tempo di partire

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